Ignazio Contu

Parliamone insieme, senza timore
questa virtualità non è un inganno

1.
Questo numero di Telèma è dedicato a una delle conquiste più rivoluzionarie che le nuove tecnologie digitali hanno messo a nostra disposizione: la possibilità di utilizzare in ogni campo dell'agire umano le attitudini mimetiche e il potere creativo della realtà virtuale. La riproduzione artificiale del funzionamento fisiologico dei sensi e la modificazione delle stesse capacità percettive che la natura e la cultura ci hanno conferito, perché di questo si tratta, ormai consentono imprese pratiche e mentali fino a pochi anni fa inimmaginabili. Chi ha ingegno, fantasia e destrezza nell'uso del computer, e delle sue proiezioni multimediali, oggi è in grado di compiere progettazioni e sperimentazioni del tutto innovative sia nella costruzione degli oggetti di cui abbiamo (o crediamo di avere) bisogno per accrescere il nostro benessere materiale, sia nel perfezionamento delle attitudini conoscitive, psichiche ed estetiche attraverso le quali cerchiamo di comprendere noi stessi e il mondo.
Tutto questo pone problemi etici e teorici molto seri, altera il nostro rapporto con le leggi della fisica, attribuisce all'apparenza valori e significati più forti di quelli con cui eravamo abituati a misurarci. E suscita, ovviamente, apprensione e smarrimento in chi non sa rinunciare alle certezze messe in discussione da queste novità. E' inevitabile, del resto, che quando si profilano svolte radicali coloro i quali non vogliono staccarsi dalle proprie rassicuranti abitudini e dai propri riferimenti tradizionali arrivino a negare la stessa evidenza delle cose, proclamandole immutate anche se sono già cambiate, piuttosto che mutare il proprio giudizio su di esse. Ma combattere contro il tempo nell'illusione che, per fermarlo, basti lo scudo delle proprie convinzioni stantie, non è soltanto un azzardo, è una fuga: al futuro ci si può sottrarre soltanto rinnegando la vita.

2.
Chi leggerà le pagine della nostra monografia senza pregiudizi fra ciò che vi è scritto e le proprie precedenti opinioni certamente si convincerà che l'intrusione della realtà virtuale nella nostra esistenza è tanto eversiva quanto imponente e inarrestabile. Alcuni autori ne sono più profondamente persuasi di altri. Qualcuno ne è entusiasta, qualcun altro spaventato. Molti si astengono dall'esprimere giudizi di valore sul significato antropologico, e perciò anche metafisico, di questo fenomeno preferendo descriverne pragmaticamente soltanto le caratteristiche effettuali. Ma nessuno ne nega l'importanza. Dunque è unanime la consapevolezza che sia un evento straordinario.
Che alla sua piena evoluzione corrisponderà, alla fine, un miglioramento o un peggioramento della qualità della vita, è un tema di discussione sempre aperto perché attiene a un dubbio, tuttora irrisolto, circa il destino dell'umanità, e cioè se l'espansione senza limiti della tecnica sia effettivamente un progresso o un regresso, o addirittura il passaggio verso una forma alternativa di civiltà. Anche Telèma 16 affronta un così fondamentale problema. E tuttavia abbiamo voluto dedicare maggiore spazio alla descrizione e all'analisi dei molteplici effetti, che il ricorso agli strumenti della virtualità artificiale ha già provocato. Dalle informazioni su ciò che è già visibile e dalle previsioni ragionevoli di quanto è probabile, riteniamo che il lettore attento potrà trarre elementi utili per una razionale, pacata e non superficiale valutazione del mutamento in corso1.

3.
Per questa ricognizione siamo partiti da una domanda di carattere generale posta a tutti i quaranta studiosi ed esperti che ci hanno aiutato a compierla ("in che misura la rivoluzione telematica ha modificato il rapporto fra finzione e realtà"?) e dalla richiesta, rivolta a ciascuno di essi, di una esposizione o di una opinione su qualche specifico aspetto, concettuale o empirico, di una tale modificazione. Nella prima parte della monografia ci è sembrato necessario indicare subito, aggiornandole all'attuale contesto tecnologico, le questioni di fondo, antiche e perenni, che gli uomini dotati di intelligenza hanno sempre intravisto nel nesso fra ciò che normalmente viene considerato reale e ciò che invece è, oppure sembra, illusorio. Sono le stesse questioni messe in campo dal bisogno altrettanto umano di imparare a distinguere il vero dal falso nella realtà, o meglio nelle realtà, in cui agli esseri umani è dato, appunto, vivere.
Questa esigenza, da cui è reso più pressante il desiderio di conoscere i limiti e le effettive capacità creative delle esperienze virtuali, è presente anche se talvolta soltanto implicita in ogni articolo che pubblichiamo. Ma sono soprattutto i testi introduttivi di Franco Prattico, Tomas Maldonado, Emilio Garroni, Alberto Abruzzese a mettere in evidenza le connotazioni filosofiche, sociali e psicologiche con cui si manifestano le nuove tecnologie della comunicazione e della riproduzione. Sarebbe del tutto arbitrario ridurre i loro pensieri a un'enunciazione unitaria. è però riconoscibile in tutti la volontà di restituire alla virtualità telematica la sua vera genealogia.

Contrariamente a quanto molti pensano, essa non si apre con l'avvento dell'elettronica e neppure con la comparsa delle prime macchine simulatrici. è coeva, infatti, alla stessa nascita del pensiero umano, da sempre costituito dalla ricostruzione mentale, intellettualmente mediata e rielaborata, di elementi provenienti dalla realtà esterna. Sono state teorie, modelli interpretativi, strutture linguistiche, astrazioni matematiche, rappresentazioni mitiche, artistiche e simboliche a dare forma e senso al mondo che ci circonda. Così come analoghi procedimenti altrettanto complessi ma più spontanei, e fino al secolo scorso pressoché ignorati, hanno impresso forma e senso, anch'essi da sempre, alla realtà psichica interna (fatta di desideri, sogni, fantasie, emozioni) nella quale ognuno rielabora e falsifica (o forse rende finalmente autentica) la "realtà concreta" con cui deve confrontarsi. Questa sintesi (e commistione) costante di reale e irreale, vero e finto, materiale e immateriale non è, insomma, il portato delle nuove tecnologie: è la connotazione originaria della nostra cultura. Telematica e informatica ne hanno accresciuto, e per certi versi reso più duttili e sofisticate, le potenzialità innovative. Con molti e rilevanti vantaggi, ma anche con qualche rischio.

4.
Fra i vantaggi c'è, senza dubbio, l'eccezionale sviluppo delle facoltà umane e degli strumenti attraverso i quali possiamo comprendere meglio il mondo, le leggi della natura, il nostro corpo, le sue capacità intellettuali e sensoriali, e così pure possiamo penetrare in territori che la scienza non ha ancora esplorato o di cui la tecnica non è stata capace di sfruttare razionalmente le risorse. In questi campi (come ci dicono, ciascuno nella materia di propria specifica competenza, Francesco Antinucci, Domenico Parisi, Andrea Paoloni, Paolo Talone, Daniel J. Amit, Giovanni Maria Pace) le simulazioni virtuali stanno rivelando una efficacia veramente notevole. Con il vaglio delle verifiche umane imposte dalla fallibilità alla quale neppure le macchine e i modelli più raffinati possono sottrarsi (Roberto Vacca) ora è possibile realizzare ricerche, previsioni e progetti di assoluta avanguardia. Analoghi e in alcuni casi ancora maggiori sono i successi conseguiti nella modellistica applicativa (Roberto Saracco), nella produzione industriale (Vittorio Marchis), nella utilizzazione intelligente delle reti telematiche (Enrico Pedemonte). In ognuno di questi ambiti, il bilancio è senz'altro attivo: il ricorso alle tecnologie della simulazione paga, apre speranze. Comunque non delude.

5.
Se è vero che la realtà virtuale è tutto questo e ancora di più (una fonte di arricchimento intellettuale e sensoriale, progresso scientifico tecnologico, svago e possibile via di fuga da noiose quotidianità) è altrettanto vero che, per poter utilizzare le sue abilità e i suoi artifici senza correre rischi, chi se ne serve deve conservare intatta la propria capacità di distinguere sempre ciò che è immaginario da ciò che non lo è. La vita non è un videogame perpetuo, né un film. Nella invenzione cinematografica un grande regista può riuscire a far credere autentica quella che è soltanto una magnifica illusione o mostrare immagini reali che gli occhi non sanno vedere (Virgilio Tosi), ed essere anche capace di dimostrare che la vita più vera si svela soltanto all'incrocio fra la cronaca della realtà e il racconto della sua finzione (Pietro Montani). Ma se il bisogno di concretezza si avverte perfino di fronte a un'opera d'arte (Gillo Dorfles, Antonio Paolucci), a maggior ragione è indispensabile che anche chi sente spesso il bisogno di isolarsi nell'irrealtà del virtuale, poco importa se telematico o psichico, non si dimentichi mai (Aldo Carotenuto) che la realtà "vera" lo aspetta, e perciò deve saperla accettare. Altrimenti inganna se stesso.

6.
Non sarebbe un inganno, invece, ma corrisponderebbe ugualmente a una fuoruscita dal mondo, il ricorso a esperienze mistiche alle quali potremmo accedere, secondo Elémire Zolla, non appena gli apparati virtuali riusciranno a riprodurre visioni, percezioni e atmosfere del tutto identiche a quelle naturali. A suo avviso (un avviso essenziale al nostro dibattito data la lungimirante, coraggiosa e solitaria attenzione di Zolla per questi temi di frontiera), nella società telematica il desiderio di estasi presto diventerà primario. Va detto che da qualche tempo queste premonizioni trovano credito e ascolto sempre meno elitari. è un segnale interessante, di inquietudine.
Nella scala degli scambi di ruolo fra vero e falso sono più diffusi, ma proprio per questo forse più fuorvianti, quelli che avvengono nel mondo dei mass media. Ne hanno scritto Remo Bodei (la politica spettacolo), Marshall Blonsky e Edmundo Desnoes (le top model al potere), e Jader Jacobelli (ci salverà la televisione?). Soprattutto qui, nel mondo dell'informazione, dell'intrattenimento e della moda, è più difficile che altrove separare il valore autentico da quello che è soltanto apparenza e perciò, almeno potenzialmente, frode. Si tratta di insidie che non vanno minimizzate, perché possono propagare gravi mistificazioni.
Ma è sbagliato dedurne, come fanno troppi inconsapevoli misoneisti, che tutta la virtualità sia un inganno. è senz'altro una grande sfida, che ciascuno di noi dovrà affrontare con il carattere, l'intelligenza e la cultura che gli sono propri. Dunque (come suggeriscono anche altri sedici intellettuali intervistati da Andrea Scazzola) con disincanto, resistenza o accettazione di diversa intensità. Noi siamo convinti che sarebbe sensato predisporsi a questa prova senza sgomento, consapevoli che ci imbatteremo nello stupore, non necessariamente nella paura. Del resto, non sono stati il saggio Platone2, quasi duemilacinquecento anni fa, e più di recente il razionale Cartesio3 a indicarci come unica via per la conquista del vero sapere la dematerializzazione della realtà e la liberazione degli uomini dal peso della propria forma corporea?

7.
Mentre queste pagine stanno per essere stampate, nei Balcani è ancora in corso un'altra guerra che ripropone orrori di cui soltanto un ottuso storicismo progressista aveva annunciato la scomparsa. Di fronte a questa rinnovata conferma del persistente disprezzo, nel cuore della stessa Europa, nei confronti del diritto alla vita e alla libertà degli uomini, potrebbe apparire inopportuna l'attenzione verso interessi non altrettanto fondamentali. Ma non è così: neppure l'emergenza più drammatica può giustificare la sospensione di altri diritti. Perciò non ci sembra affatto futile la pubblicazione nella seconda sezione di Telèma di una grande inchiesta, introdotta per massima competenza da Stefano Rodotà, sul diritto alla privacy. è un diritto che anche nella società dell'informazione globale, indiscreta e invadente, resta un bene da tutelare, perché attiene anch'esso a un valore altissimo: la dignità della persona.


Note

1 Per le rilevanti conseguenze che la virtualità sta già provocando nelle attività economiche e nelle operazioni finanziarie, rinviamo il lettore ai numeri 5 (Economia, telematica, finanza e mercati), 11 (Globalizzazione, rischi e opportunità) e 13 (Il mondo è diverso, cambiano impresa e lavoro).

2 «Fino a quando noi possediamo il corpo e la nostra anima resta invischiata in un male siffatto, noi non raggiungeremo mai in modo adeguato ciò che ardentemente desideriamo, vale a dire la verità. Pertanto, nel tempo in cui siamo in vita, come sembra noi ci avvicineremo tanto più al sapere quanto meno avremo relazioni col corpo e comunione con esso». Platone, Fedone, 66B.

3 «Che cosa sono io? Una cosa che pensa. E che cos'è una cosa che pensa? E' una cosa che dubita, che concepisce, che afferma, che nega, che vuole, che non vuole, che immagina anche, e che sente; e siccome ora so che noi non concepiamo i corpi se non per mezzo della facoltà di intendere che è in noi, e non per l'immaginazione, né per i sensi; e che non li conosciamo per il fatto che li vediamo o li tocchiamo, ma soltanto per il fatto che li concepiamo per mezzo del pensiero, io conosco evidentemente che non v'è nulla che mi sia più facile a conoscere del mio spirito». Cartesio, Meditazioni metafisiche, 48.